L’ing. Enrico Bosio si occupa di BIM e di prevenzione incendi attraverso una progettazione sia prescrittiva che prestazionale secondo i dettami della Fire Safety Engineering. Il suo lavoro di tesi di laurea, dal titolo “Metropolitana di Parigi”, è stato premiato al BIM & Digital Award 2019. BIMportale lo ha intervistato per farsi raccontare la sua esperienza professionale e la sua visione sul BIM.
Come ha incontrato il BIM?
Durante il periodo universitario presso il Politecnico di Torino ho iniziato a prendere coscienza di una evoluzione nel metodo di progettazione, attraverso una graduale digitalizzazione e automatizzazione dell’intera filiera del settore delle costruzioni. Ho scelto quindi di approfondire le mie conoscenze sulla metodologia BIM prima attraverso un tirocinio, svolto in parallelo presso la Lombardi Engineering e il laboratorio di ricerca e didattica drawingTOthefuture del Politecnico, e poi attraverso il lavoro di tesi, approfondendo ulteriormente le mie conoscenze sui temi delll’InfraBIM e della Fire Safety Engineering (FSE).
Mi sono quindi laureato in ingegneria edile con tesi dal titolo: “Le n dimensioni dell’infraBIM: programmazione temporale, analisi dei costi e progettazione antincendio”.
A oggi, mi occupo di BIM e progettazione anticendio nello Studio di Ingegneria Alvigini Mendolicchio.
Quali strumenti BIM utilizza generalmente per la sua professione?
Utilizzo quotidianamente la metodologia BIM attraverso software di BIM authoring come Revit, per la creazione del modello architettonico e antincendio e gestisco le informazioni legate al modello digitale, in funzione degli obiettivi inizialmente prefissati. Utilizzo poi software di simulazione dell’esodo come Pathfinder e software dedicati all’analisi di possibili scenari di incendio come PyroSim, un modello di calcolo che si basa sulle equazioni di Navier-Stokes.
I software PyroSim e Pathfinder non consentono un’importazione diretta del formato nativo di Autodesk Revit, pertanto è necessario esportare il modello in un formato leggibile che presenti una buona interoperabilità tra le piattaforme software, optando per una esportazione che consenta di avere il maggior numero di informazioni.
Può descrivere il progetto “Metropolitana di Parigi” premiato ai BIM&DIGITAL Award?
Il progetto Metropolitana di Parigi è partito da un caso studio reale (Stazione Metropolitana Sevran-Beaudottes di Parigi), con una già definita WBS – Work Breakdown Structure: sono stati elaborati modelli 4D, 5D, 6D e 7D in cui il BIM per le infrastrutture è stato utilizzato per la determinazione dei tempi e dei costi e per le analisi basate sulla FSE (Fire Safety Engineering). Inoltre, sono state gettate le basi per un futuro studio sulla manutenzione di tali strutture.
Ogni attività è stata supportata e arricchita da software specifici e l’interoperabilità è stata implementata al fine di ridurre il più possibile la ridondanza dei dati dovuta alla realizzazione di più modelli per scopi diversi e di evitare così la disincentivazione delle analisi e l’aumento incontrollato di errori e incoerenze.
Il lavoro si è posto l’obiettivo di elencare i vantaggi ottenibili dall’utilizzo della metodologia InfraBIM nel campo delle n dimensioni: l’interoperabilità tra i vari software utilizzati assicura infatti efficienza e automatizzazione e garantisce una serie di benefici a chi opera nel settore delle costruzioni.
Attraverso il collegamento del modello BIM ai processi di pianificazione, di stima e di analisi FSE i professionisti all’interno del team di progettazione possono ridurre i tempi di realizzazione dell’opera, di verifica e di validazione da parte degli enti e possono velocizzare la redazione del computo metrico e degli elaborati. Tra i principali vantaggi, l’importanza di ottenere un feedback rapido sugli effetti delle modifiche progettuali del modello.
Del progetto “Metropolitana di Parigi” è stato apprezzato l’uso di software specifici a supporto di ogni dimensione, cercando di sfruttare al massimo l’interoperabilità e di riutilizzare dati già generati attraverso il concetto di “Information exchange”. L’interoperabilità tra i software richiede infatti un formato aperto per i dati delle strutture e un’interfaccia di dati per ogni applicazione: nel momento in cui l’utente esce dalla specifica piattaforma software, la struttura di dati standardizzati gli dovrà consentire l«Information exchange, ovvero lo scambio di informazioni.
Ora a cosa sta lavorando?
Uno degli ultimi lavori di cui mi sono occupato è stato relativo a un edificio commerciale del centro storico di Torino, per il quale è stato sviluppato il progetto per la disciplina architettonica, antincendio e impiantistica e anche in questo caso la metodologia BIM si è rivelata utile per una progettazione prestazionale secondo i dettami della Fire Safety Engineering.
I modelli digitali e l’evoluzione degli strumenti di modellazione hanno sicuramente ampliato le opportunità nel mondo della Fire Safety Engineering e questo lavoro ne è un chiaro esempio. Infatti, nell’ambito di strutture complesse, come nel caso studio, la visualizzazione tridimensionale garantisce una strategia antincendio più efficace. Il processo di interoperabilità, garantito dai formati di scambio, ha consentito di trasferire il modello geometrico e informativo ai software specifici. Valutati poi l’utilizzo e l’affollamento del sito, il modello generale realizzato diventa un ambiente per effettuare simulazioni dell’esodo verso luogo sicuro, di scenari d’incendio e di operatività dei mezzi di soccorso.
Quali prospettive vede per il BIM in Italia?
Lo scenario del BIM in Italia, dal mio personale punto di vista, è sicuramente incoraggiante: il BIM non è più semplice rappresentazione del progetto, ma entra a far parte del percorso progettuale. Le conoscenze metodologiche e strumentali stanno crescendo e la disciplina sta evolvendo verso un sistema di standardizzazione del dato sempre più consapevole. L’utilizzo e lo sviluppo di tali metodologie è inoltre in linea con le ultime disposizioni previste dal nuovo Codice degli Appalti, nel quale sono introdotti metodi e strumenti che si avvalgono di piattaforme interoperabili sviluppate nell’ottica del concetto di dematerializzazione in atto dalla Pubblica Amministrazione.