Dopo la laurea in Architettura nel 1997 l’Arch. Giuseppe Pizzi ha esercitato la professione, in modo autonomo dal 2000, eseguendo progettazioni, direzione dei lavori, affiancando imprese edilizie, per la realizzazione di edifici pubblici e privati. Svolgendo la professione si è reso conto della forte necessità di governare oltre che la parte tecnica anche i costi del progetto e per questo motivo ha deciso di approcciare la modellazione parametrica. Oggi è Chief Data Officer BIM in F&M.
Quale è stato il suo percorso professionale che l’ha portata al BIM?
Nel 2006, ho cominciato a utilizzare la modellazione parametrica 3d con il software della Nemetschek, Allplan, relazionando gli oggetti parametrici ai tempi ed alle voci prezzo del computo metrico estimativo. La sorgente dei dati era unica, ovvero il modello a oggetti parametrici e non più linee, polilinee o poligoni. Questo nuovo modo di lavorare, mi ha facilitato molto e mi ha permesso di fornire al committente, in tempi più rapidi, il progetto architettonico coordinato con il computo metrico estimativo. Ho riscontrato però parecchie difficoltà ad interfacciarmi facilmente con strutturisti e impiantisti che utilizzavano software bidimensionali, di case diverse. Ho capito che per superare questo ostacolo era necessario far dialogare i software ed iniziai ad utilizzare Visual Basics e il linguaggio di programmazione C# attraverso la relazione dei dati.
Questo percorso mi ha, però, allontanato dal mondo della progettazione. Sono quindi ritornato sulla modellazione 3D e ho provato Revit 2014 che mi ha dato l’opportunità di collegare e vedere in modo interattivo tutte le discipline edilizie, tramite link, ed iniziare a quantificare tramite abachi (fogli tabellari) il costo di progetto. Nel 2016 l’università di Roma pubblica il master in BIM (Building Information Modelling) e ho deciso subito di frequentarlo perché era quello che si allineava al mio modo di pensare.
Finito il master ebbi l’opportunità di modellare con Revit la parte impiantistica costruttiva con metodologia BIM, della metropolitana di Doha. Iniziai a modellare impianti meccanici ed elettrici acquisendo conoscenze specifiche sugli impianti e come questi impattano sull’edificio. Successivamente, grazie all’aumentare delle mie competenze in BIM, andai, in cantiere, all’estero dove partecipai alla realizzazione, dello Stadio Al Bayt ad Al Koor in Qatar. Dopo l’esperienza in cantiere ho capito che l’interfaccia con altre discipline non dipendeva solo dall’utilizzo dei software ma anche dalla collaborazione tra le persone che li utilizzavano. Tornato in Italia, ho partecipato ad un progetto finanziato dal MISE, il cui obiettivo, a me dato, era l’individuazione del Know how nei progetti realizzati, in BIM. Lo studio che dovevo continuare a fare non era sull’utilizzo di software 3D ma su come tutti gli attori dovevano interagire, in modo interoperabile, con conoscenze specifiche e maturità informatiche differenti.
Grazie a buildingSMART International, l’ente industriale mondiale che guida la trasformazione digitale del settore degli asset costruiti, mi sono addentrato nello studio del formato IFC (Industry Class Foundation) capendo che la sua importanza era legare più software, discipline e persone, attraverso workflow di processo, standardizzate, che sono alla base del Building Information Modeling. Questo nuovo modo di approcciare al progetto mi ha permesso di vedere più nitidamente gli usi del modello finalizzati ad una maggiore efficienza dei processi progettuali. A Milano, con società di Architettura di prestigio, ho avuto modo di mettere in atto ciò che avevo acquisito: interoperabilità con il formato IFC, utilizzo di software per gli aspetti temporali ed economici, gestione delle squadre BIM di progetto ed in cantiere.
Ritrovai a Milano il cantiere in BIM nell’edificio di Via Melchiorre Gioia 22 dove sono stato il BIM Manager interdisciplinare, lato impresa, e mi sono interfacciato con molti fornitori e Direzione Lavori. In quella occasione mi sono trovato davanti un altro ostacolo inaspettato come la reticenza delle persone ad accettare il cambiamento culturale e tecnologico. A fine 2020 F&M Ingegneria mi ha offerto la possibilità di coordinare e dirigere le attività in BIM dei settori architettura, strutture, impianti, strade e porti. Questa per me è stata ed è la sfida più importante e pericolosa della mia carriera. La più importante, perché ho la possibilità di condensare tutte le mie competenze e conoscenze di interoperabilità, maturate con la metodologia BIM, su tutte le discipline dell’azienda, gestendo una grande quantità di dati e informazioni; pericolosa perché i dati e le informazioni devono seguire dei processi e protocolli che richiedono cambiamenti metodologici di approccio al progetto, con potenziale impatto sul tempo di consegna degli stessi. In F&M sto applicando la metodologia BIM in tutti i settori facendo interagire con le discipline architettura, struttura e MEP, l’antincendio, la geologia, la geotecnica, ed ovviamente computi, etc..
Quali sono le principali caratteristiche della sua figura professionale?
Essere disponibili all’ascolto di tutti e, soprattutto, a fare un passo indietro quando si sono prese delle decisioni sicure, che apparentemente possono esser giuste, perché basate su norme e/o regole consolidate B.I.M., ma calate nel contesto in cui si opera non possono essere applicate. Essere pronti ad imparare dall’esperienza delle persone e sperimentare con loro, soluzioni nuove, anche in condizioni di stress, stimolandoli alla partecipazione al progetto, per fargli affrontare il cambiamento. Sviluppare e ricercare, sempre, soluzioni nuove a metodi e procedure complesse e/o lunghe. Avere coraggio nell’affrontare i cambiamenti e nel proporre il proprio punto di vista senza imporlo. Mirare alla multidisciplinarietà incoraggiando la ricerca della contestualizzazione di qualsiasi informazione o idea e non tendere alla specializzazione che parcellizza, separa e compartimenta il sapere, rendendone sempre più difficile la contestualizzazione.
Quali vantaggi secondo lei porta il BIM alla progettazione?
La metodologia BIM applicata ai progetti di opere edilizie, viarie ed infrastrutturali porta tanti vantaggi, ma quello immediatamente ravvisabile è la progettazione collaborativa; questa, infatti, è la più alta forma di interazione, nella progettazione, ed implica che gli attori si aiutino l’un l’altro, per meglio comprendere come il lavoro di ciascuno possa integrarsi con quello degli altri, per ottenere il miglior risultato complessivo; allo stesso tempo gli attori coinvolti, in qualsiasi stadio del processo di progettazione, si scambiano informazioni e conoscenza, attivando in tal modo una reciproca comprensione.
Altro vantaggio, innegabile, è l’uso della semantica, (standard internazionali e classificazione degli oggetti parametrici). Se non ci fosse la semantica, l’informazione prodotta da uno specialista potrebbe non essere comprensibile per gli altri; la sincronizzazione delle informazioni di progetto, che si sviluppano in modo incrementale e asincrono, parallelamente all’evolversi del progetto e pertanto, l’informazione, deve essere sincronizzata. In ultima, ma non in termini di importanza, è la comunicazione, perché i professionisti coinvolti nel processo di progettazione fanno uso di metodi e formati diversi per visualizzare e comunicare il loro lavoro.
Può raccontarci qualche progetto su cui sta lavorando?
Attualmente lavoro in F&M Ingegneria S.p.A., società di Ingegneria leader in soluzioni progettuali all’avanguardia nei campi dell’ingegneria civile, delle infrastrutture, del project management e della sostenibilità. L’azienda è operativa negli ambiti più ampi, dalla riqualificazione di grandi aree al restauro di importanti edifici storici; dalle opere infrastrutturali (centri logistici, terminal aeroportuali e ferroviari, porti, strade, ponti ed opere in sotterraneo) alla realizzazione di edifici prestigiosi (strutture sanitarie, sportive, luoghi di culto e per l’istruzione) e grandi poli commerciali, pertanto essendo Responsabile BIM per tutti i reparti F&M elenco alcuni dei progetti che seguo.
- Rio dei Vetrai srl, società di proprietà della Great Eagle Group, sta sviluppando un hotel 5 stelle lusso nell’isola di Murano a Venezia che sarà gestito dal gruppo “The Langham”. Il progetto occupa circa 16.000 mq destinati interamente a struttura alberghiera con 140 camere, spa, spazi per riunioni ed esposizioni, bar, ristoranti, piscina. Il progetto sarà realizzato attraverso la ristrutturazione di vari edifici esistenti, tra cui l’ex “Casino Mocenigo” con i suoi impressionanti affreschi e l’ex edificio della Fornace di vetro, oltre ad alcune nuove costruzioni per le nuove funzioni.
- Progettazione definitiva ed esecutiva delle opere stradali e le infrastrutture ad esse riconducibili contenute nel Programma straordinario di interventi urgenti per la ripresa e lo sviluppo del porto di Genova con le relative infrastrutture di accessibilità e per il collegamento intermodale dell’aeroporto Cristoforo Colombo con la città di Genova.
- Ampliamento verso nord del Terminal 1 (T1-XL) di circa 14’000 mq dell’aeroporto di Malpensa e delle aree operative che accolgono i passeggeri sia in partenza che in arrivo, migliorando la qualità percepita e l’immagine complessiva del terminal e, al tempo stesso, incrementando l’offerta commerciale al passeggero.
- Il nuovo Comando Provinciale della Guardia di Finanza si realizza attraverso il recupero funzionale, miglioramento sismico e riqualificazione impiantistica di 7 edifici dell’ex “Caserma Salsa”. Il compendio è stato dichiarato di interesse culturale e risulta un’area a “rischio archeologico”.
- L’esecuzione, a Trieste, di un primo stralcio delle opere strutturali in prosecuzione al Molo VII esistente per una lunghezza di 100 m e larghezza di circa 140 m. La nuova banchina è dimensionata per l’alloggiamento di gru Ship to Shore (STS) del tipo Super-Post-Panamax e una gru LHM 550 attualmente in dotazione a TMT. E’ previsto un piazzale di stoccaggio container su 5+1 tiri, servito da una gru Rail Mounted Gantry (RMG), da gru mobili, da Reach Stackers e da Side Loader.
- L’HUB Portuale di Ravenna, l’approfondimento dei canali Candiano e Baiona, l’adeguamento delle banchine operative esistenti, il nuovo terminal in penisola.
Il progetto più importante a cui sto lavorando è il rapporto continuo di crescita con tutti i colleghi di F&M che stimo ed ammiro per la loro capacità di problem solving a cui sono sottoposti tutti i giorni.
Quali sono secondo lei le prospettive future del BIM in Italia?
A mio avviso la metodologia BIM ha posto le basi per dare spazio alla conservazione della conoscenza progettuale attraverso strutture di dati. Il futuro del BIM potrebbe essere rappresentato dalla capacità di poter scambiare la conoscenza progettuale di conoscenze specialistiche.
Ogni tecnico che partecipa al progetto, oggi, immette i propri dati in database comuni e legge dati, di altre discipline, attraverso filtri. In futuro prossimo avremo la possibilità di condividere non solo i dati e le informazioni ma anche la conoscenza progettuale specialistica, attraverso archivi dinamici aperti in cui tutta la conoscenza progettuale, di singole opere infrastrutturali ed edili, siano interconnessi digitalmente tra loro; queste possono dar luogo a piani di protezione civile ed essere propedeutiche al tipo di connessione fisico, ambientale e cibernetico anticipando il grado di resilienza della singola Infrastruttura. La possibilità di contestualizzare, l’interconnessione pone le basi per la creazione di un modello digitale evolutivo della conoscenza progettuale.